WHITE AMERIKKKA: BUFFALO
Questo articolo arriva quasi inaspettato, ma è assolutamente necessario come preambolo di ciò di cui avrei voluto parlare in questi giorni. Di recente ho avuto un'accesa discussione con alcuni caucasici americani mentecatti, fervidi sostenitori della parità di diritti tra bianchi e neri, totalmente naive (ancora devo capire se razionalmente o meno) nei riguardi del tema "razzismo sistematico". La mia nuova pagina citava come esempio la reazione scatenatasi da una semplice scelta di business da parte di un afroamericano. Ero intenta a comporre il mio nuovo blog quando ho letto la notizia del recente massacro di Buffalo. Le mie dita hanno automaticamente eliminato quelle poche parole che avevano cominciato a dipingere il mio foglio bianco, perché questa strage, per molti e ovvi motivi, racchiude in sé l'essenza di una grande parte degli Stati Uniti d'Amerikkka che ancora, dopo secoli di discriminazioni, è rimasta immutata. Non voglio fare la cronaca dell'accaduto, sono semplicemente determinata ad elencare le motivazioni per le quali non solamente l'aggressore sia un razzista patetico, ma come lo siano anche il mainstream e le forze dell'ordine americane. Vorrei cominciare dal fatto che, a parte l'età del ragazzo (ebbene sì, uno sbarbato, mitomane di diciotto anni di nome Payton Gendron) le sue credenziali non siano state rese pubbliche subito. Anzi, vi sono ancora articoli che non ne fanno alcuna menzione (qui mi piacerebbe ricordare come, invece, nome, cognome, provenienza e stato di famiglia vengano spiattellati in televisione quando un nero si permette solamente di rubare). Sembra che l'adolescente fosse residente a più di 300 km da Buffalo, che abbia ispezionato il quartiere del massacro, i quali abitanti sono prevalentemente afroamericani, dagli inizi di maggio e che si sia presentato il giorno della sparatoria corredato di giubbotto antiproiettile e rifle d'assalto. Pensiamo a tutto ciò ma fingendo che suddetto ragazzo fosse stato di colore: ebbene, il primo giorno dopo aver messo piede in un quartiere di bianchi sarebbe stato automaticamente segnalato alle forze dell'ordine, le quali lo avrebbero, come minimo, portato in questura per un interrogatorio; oppure sarebbe stato sparato a vista da qualche esaltato. Ciò fa riflettere su quale sia la realtà della convivenza tra razze in America. Inoltre, non mi capacito del fatto che un adolescente armato fino ai denti non venga fermato da nessuno, né dalla sicurezza, né dalla polizia. Dunque arriviamo ad un altro problema ricorrente nella "terra degli uomini liberi": il colore della pelle ti concede il diritto, o meno, di camminare liberamente per le strade impugnando un'arma letale; la pelle bianca la passa liscia, quella nera viene automaticamente declassata e caricata di colpe; il bianco che uccide lo fa a causa di qualche turba mentale, gli appartenenti alle minoranze perché sono violenti di razza; nessuno perde tempo per discutere del disagio psicologico al quale gli afroamericani, specialmente, vengono sottoposti quotidianamente dalla società che li ha schiavizzati e poi liberati senza garantirgli istruzione e assistenza sociale decorose. Ma ciò che più mi ha lasciato perplessa, oltre alla premeditazione della strage di Buffalo, è stato il dettaglio della telecamera legata all'elmetto dello scapestrato che riprendeva in streaming su Twitch gli innocenti che, uno ad uno, venivano abbattuti come se fossero delle bestie. La piattaforma Twitch ha necessitato di ben due lunghi ed estenuanti minuti per interrompere il live. Dove sono i controlli sui social network? Li abbiamo semplicemente buttati nel cesso, o siamo troppo preoccupati a zittire solo chi non vogliamo ascoltare (le minoranze sono le più colpite anche in rete a causa del "politicamente corretto")? Sembra addirittura che Gendron abbia fatto uso di un altro canale internet per confessare il gesto che stava per compiere ed invitare gli utenti a godersi la sparatoria comodamente dal divano di casa. E come se non bastassero gli incompetenti online, quel giorno anche il centralinista del 911 ha dimostrato di avere meno professionalità di un lattante di tre mesi: alla chiamata di Latisha Rogers, che implorava sussurrando di inviare i soccorsi presso il supermercato nel quale Gendron aveva già aperto il fuoco, l'operatore del 911 le sbraita addosso chiedendo perchè stesse parlando a bassa voce. Alla risposta di Rogers "ho paura che possa sentirmi" viene interrotta la comunicazione da parte di coloro che, prontamente, avrebbero dovuto mobilitare le volanti della polizia. Ancor più inaccettabile è il fatto che non sia stato reso pubblico il nome del responsabile di questo vergognoso disservizio e che si parli solamente di licenziamento come punizione. Capisco, si potrebbe temere per l'incolumità della persona, ma non mi pare che gli scrupoli siano gli stessi quando a commettere un errore sia una persona appartenente a una minoranza.
Ultima nota dolente delle ricostruzioni giornalistiche è la quasi totale assenza di riguardi nei confronti di coloro che hanno perso la propria vita. Ci si sofferma troppo a cercare di capire chi siano gli assassini, da dove vengano, o quale tipo di passato pesi sulle loro spalle dimenticando coloro che sono stati strappati alla vita per decisione altrui, che probabilmente avevano sogni e progetti da realizzare, compagni, figli, familiari e amici da amare e di cui prendersi cura. Vorrei dedicare queste ultime frasi alla memoria di Ruth Whitfield, Roberta Drury, Aaron Salter, Heyward Patterson, Pearl Young, Geraldine Talley, Celestine Chaney, Katherine Massey, Margus Morrison e Andre Mackneil. La loro scomparsa ha lasciato un dolore e un vuoto che nulla potrà colmare. Spero che la società americana un giorno apra gli occhi e che si renda realmente conto di quanto siano radicati nelle menti di una larghissima parte dei cittadini i sentimenti di odio e di razzismo. Spero che l'Amerikkka costruita sulle stragi dei nativi e sulla schiavitù di uomini, donne e bambini di colore non dimentichi di questo evento e che si prodighi attivamente nell'insegnamento della storia che si cela dietro il colonizzatore bianco, una storia di sopprusi, odio, errori e sangue. Solamente la verità e il reale pentimento possono porre fine ai pregiudizi che stanno, tutt'oggi, spaccando la società americana e privando alcuni dei suoi cittadini di uguaglianza ed equità.
Commenti
Posta un commento