"SPINGILO BENE": LE STRATEGIE DI MARKETING

"SPINGILO BENE": LE STRATEGIE DI MARKETING


Come molte altre persone, anche io mi sono ritrovata disoccupata a seguito della pandemia e a dover collaborare, per breve tempo, con titolari d'azienda più inclini ad approfittare della situazione di bisogno dei dipendenti, che a garantire il loro benessere e valorizzarne la qualità professionale (di solito lo fanno quando dai le dimissioni). Anche io, come tanti altri, mi sono lanciata verso la creazione di un piccolo negozio di, principalmente, abbigliamento online che si basa sulla modalità print on demand dal quale non si riesce a ricavare moltissimo senza un piccolo budget da investire in campagne marketing. Tra il salire della sensazione di "acqua alla gola" e le email di rifiuto della mia candidatura inviata alle aziende con le quali pensavo di poter, almeno, fissare un colloquio conoscitivo, decido di raccogliere maggiori informazioni da quei post che quotidianamente si susseguono sul feed di Instagram citando: cercasi modelle, cercasi influencer, diventa content creator eccetera. Parto con un'idea piuttosto primitiva di ciò che possano offrire questi brands, ovvero, compra i nostri prodotti in cambio di un buono sconto a vita e la pubblicazione del tuo post sul nostro account oppure, diventa una venditrice. Premetto che mai e poi mai mi aspetterei guadagni elevati da queste attività, ma perché dovrei spendere il mio denaro e il mio tempo in cambio di un misero post o di misere provvigioni su una clientela che mi devo acquisire da sola con estrema fatica? Ho deciso di dare una chance a due compagnie che mi sono apparse meno esasperanti di altre: NKD Underwear e Yves Rocher. La prima era alla ricerca di modelle per il marchio, la seconda di influencers (o per lo meno così dichiaravano i loro annunci). Decido di contattare la prima e in brevissimo tempo una delle rappresentanti mi risponde con un messaggio di posta privata. La prima cosa che mi viene chiesta è se sono a conoscenza o meno del brand e di quale sia la loro missione. Dopo una breve introduzione in risposta a l'una e l'altra domanda, mi viene confermato che sono alla ricerca di modelle che vogliano collaborare con il marchio e chiesto di visionare il loro sito internet per scegliere il mio indumento intimo favorito tra i loro designs. Così mi accingo a fare e dopo aver analizzato la scarna selezione e dichiarato che tutti i completini sono carini, ricevo una richiesta di collaborazione tramite uno sconto da poter utilizzare per acquistare qualsiasi pezzo presente sul sito e il repost delle mie fotografie con indosso i loro prodotti. Declino gentilmente l'offerta dicendo che non sono pronta ad acquistare nulla al momento, e la ragazza insiste creando un buono sconto personalizzato da poter condividere con amiche e conoscenti. Convinta che il mio messaggio sia stato recepito, abbandono la conversazione per poi essere nuovamente interpellata dalla ragazza che mi invia cuori chiedendo se sono ancora presente in chat. Le ricordo che non posso spendere soldi in questo momento e, per tutta risposta, ricevo un messaggio che mi invita ad usare i loro hashtags quando posterò le foto con indosso la loro biancheria intima e di dirle quale sia il numero del mio ordine in modo da garantire un servizio di consegna più celere. Eh va beh! Yves Rocher sembra, invece, essere alla ricerca di influencers che nella loro lingua si traduce in addetti alle vendite. A differenza di altre aziende richiede un ordine iniziale di 35 euro che non deve necessariamente essere ad uso personale. In parole povere, è come se potessi già vendere e guadagnare con il primo ordine. Anche qui mi viene fornita un'introduzione al brand abbellita da emojis e cuori a tutto spiano. Vi prego, per amore della credibilità professionale, non usate gli emojis! Vengo fornita di brochure e mi viene chiesto più e più volte se già abbia conoscenze e se abbia bisogno di assistenza per inviare i messaggi alle mie amiche e convincerle all'acquisto. Dico alla rappresentante, la quale ha cercato di soggiogarmi con la sua esperienza personale, che necessito di tempo per informarmi sul brand e per eventualmente capire se la rete di clienti, che devo ovviamente crearmi io, sia soddisfacente da garantire un'entrata decente. La signora dice di pensarci, di prendere il tempo necessario, di provare io stessa a fare un piccolo acquisto per testare la qualità del marchio per poi contattarmi la mattina successiva per sapere se abbia inviato o meno messaggi sui social o alle mie conoscenze, e se sia pronta a cominciare. La medesima situazione si ripropone quest'oggi. Ma porca troia, sembra quasi che queste persone pensino che spingendo ed esortando, la gente si convinca a collaborare con loro per sfinimento! Decisamente una strategia di marketing adottata da tantissimi nomi e che, volente o nolente, da ben pochi frutti ai dipendenti parte del livello più basso della scala gerarchica. Mi convinco sempre più che le storie di donne soddisfatte di questo tipo di "carriera" siano o studentesse, o mamme a tempo pieno che vogliono guadagnare qualcosa nel tempo libero ma che sono supportate da un partner con ampie possibilità finanziarie. Le persone che hanno intrapreso questa strada per pura necessità d'impiego e delle quali ho colto testimonianza si sono ritirate dopo poco a causa dei guadagni irrisori e della spada di Damocle aka rompimento di coglioni da parte delle team leaders che, per trarne profitto a loro volta, bombardano le venditrici di prima esperienza. Basta! Troviamo altre metodologie per fare marketing e business. Grazie per aver ascoltato questo sfogo, Martina. 

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