STORIE DI MARY JANE: L'ARTISTA
La stanza era piccola e male illuminata; all'imbrunire si poteva scorgere solamente una timida luce dalla finestra che si affacciava sulla strada. Quella luce era stanca quanto l'anima della persona che minuziosamente e instancabilmente si prodigava ogni sera alla stesura di rime e parole che, tramite ingegnose e immature macchinazioni, venivano trasformate in poesie, racconti e memorie. Ciò che dapprima era semplicemente lo svago di una mente in cerca di libertà e frivolezza, ora diveniva il principale sfogo comunicativo che quelle mani disperatamente necessitavano. Il ticchettio della tastiera del PC scandiva con precisione il culmine del turbinio di emozioni e sensazioni che ardevano nel cuore della giovane. I momenti di indigenza del passato e la superficialità altrui avevano plasmato quel suo cuore timido e solitario, quei suoi occhi tenebrosi e malinconici, e quel suo fare sfuggevole. "Se le parole degli uomini sono frutto di inganno ed egoismo" pensava "che siano il cinguettio degli uccelli o il ruggito del leone a rallegrare il mio spirito!". Sapeva che pazzi erano gli uomini che credevano nella superiorità della specie e, dopo alcune righe colme d'ira e di rammarico, smetteva di comporre sapendo che nessun essere umano avrebbe mai apprezzato una così dura sentenza. Dopo aver inalato a pieni polmoni le nubi frutto della combustione di Mary Jane, metteva da parte il suo rancore e trovava gioia e piacere nel rimembrare e raccontare di uomini dalle grandi gesta che, in totale solitudine, fecero grandi cose per la salvaguardia del pianeta o portarono a termine opere e gesta di inaudita grandiosità e bellezza. La giovane pensava che forse la solitudine è una parte rilevante dell'essenza dell'arte e dell'artista, che solamente grazie ad essa possiamo realmente scrutare il nostro Io e rispondere con ponderata metodicità alle domande più intime e ardue che la nostra esistenza stessa ci pone. Quei pensieri le davano coraggio di perseguire il suo cammino nella stesura e nella composizione di quelle rime e quei racconti che erano specchio della sua coscienza. Dopotutto, il vero artista non è alla ricerca del consenso popolare; un mitomane in cerca di idolatría o una macchina da soldi che specula sull'effimero non può considerarsi tale. Ma chi era lei per proferire parola alcuna? Lei che si sentiva sempre e irreparabilmente fuori posto, e che spesso faticava a riconoscere le sue fattezze riflesse nello specchio? Quel dualismo così confuso e così perfetto era irritante e magnetico al tempo stesso. Non aveva molta stima di se' stessa, ma provava anche una certa indulgenza verso quella giovane donna che, in fondo in fondo, tentava con tutte le sue forze di salvare la propria moralità, bontà e purezza d'animo. Sorrido ogni giorno di quella strana personalità e dell'artista imprigionata in essa, perché quell'artista sono io. Martina.
Commenti
Posta un commento